Estate 2020.
Stavamo terminando le esplorazioni nella prima miniera da noi scoperta in valle Antrona.
Diverse zone allagate, pericolanti e qualche pozzo ci avevano costretto a fare più uscite del dovuto, ma come sempre, la fatica viene ripagata.
Fin dai primi ingressi avevamo notato, sull’imponente scavo del terzo filone, un camino subverticale che saliva di una decina di metri circa.
Inizialmente ci era sembrato cieco, mentre esplorazioni successive ci hanno permesso, usando torcie più potenti, di scorgere un possibile anfratto sul lato destro.
La cosa non ci ha mai interessato particolarmente a causa della difficolta nel risalirlo e le elevate probabilità che sarebbe stata fatica sprecata.
Durante l’ultima esplorazione, avendo però un avanzo di tempo ed avendo con noi la corda, ci siamo decisi a fare il tentativo.
La base del camino era una l’inizio di una discenderia, piena di detriti e sdrucciolevole.
Oltre a questo inconveniente, che rendeva gia difficile il poter iniziare la risalita, vi era il fatto, che le rocce fragili e friabili, soprattutto nel primo tratto rendevano difficoltosa la risalita.
L’aiuto del piede di porco, conficcato in una fessura per fungere da appiglio è stato fondamentale.
Le punte dei perforatori, 4 in tutto, piantate nella roccia come gli antichi minatori le avevano lasciate, erano un eccellente punto di sicura dove ancorare la corda, durante la scalata verso la sommità del camino.
Viene da chiedersi se le stesse punte sfruttate da noi per salire , furono sfruttate anche cent’anni fa dai minatori che realizzarono e salirono il camino seguendo la vena di minerale aurifero.
Sulla sommità, nella nicchia profonda circa un paio di metri che avevamo intravisto dal basso, vi era poggiata in terra, questa secolare latta di olio Calvi, un tempo perduta, ed ora ritrovata.
L’olio che in parte la aveva sporcata durante l’utilizzo in miniera cento anni prima e la zona riparata dal gocciolio dell’acqua avevano fatto si che arrivasse a noi in uno stato di conservazione eccellente.
Una volta documentata la scoperta con le foto di rito, la abbiamo messa al sicuro all’interno della sacca speleo e con la massima attenzione la abbiamo portata giù dal camino e successivamente fuori dalla miniera.
In seguito abbiamo poi contattato l’azienda Calvi, per raccontargli della scoperta.
Luca, il proprietario si è dimostrato da subito interessato a rientrare in possesso di questo reperto, risalente ai primordi della loro azienda, e più precisamente ai primissimi anni di attività.
L’azienda fu fondata infatti da loro nonno, insieme al fratello nel 1921, ed inizialmente il nome era Fratelli Calvi.
Successivamente, un po a seguito della guerra e di altri eventi, i due fratelli presero strade diverse.
Luca ci spiega anche che nessuna latta e nemmeno disegni risalenti a quell’epoca sono arrivati nelle loro mani e perciò era per loro un mistero su come fossero fatti questi primi contenitori.
Un mistero che è stato svelato il giorno 6 marzo 2021, giorno della riconsegna del reperto nelle mani dei proprietari.